La frammentazione delle proprietà fondiarie costituisce una delle principali cause del progressivo abbandono e degrado del paesaggio agro-silvopastorale delle Terre Alte Italiane.
L’inadeguata estensione si traduce nell’impossibilità di provvedere ad un’efficace gestione economica dei boschi o di altre colture poco redditizie (prati, pascoli, ecc…).
La frammentazione è legata spesso anche alla comproprietà di piccolissime superfici tra numerosi soggetti ossia, oltre ad essere molto limitati, i boschi sono di proprietà di più soggetti (fratelli, cugini, nipoti, ecc…) che spesso abitano in zone diverse o risultano irreperibili.
A volte i costi e le procedure di successione degli immobili causano anche un ulteriore effetto negativo. Infatti, gli eredi rinunciano a eseguire la successione di boschi o superfici agricole piccole o non redditizie, causando un relitto di proprietà, che nel tempo porta alla deriva di tali boschi a superfici silenti, difficilmente recuperabili.
Tali condizioni hanno contribuito all’abbandono e al progressivo deterioramento delle condizioni delle aree forestali presenti sul territorio nazionale con crescente aumento di situazioni di pericolo di incendio e instabilità idrogeologica.
Il Catasto Generale dell’Agricoltura del 2000 evidenziava che in Italia ci sono 605.000 aziende agricole con boschi di proprietà di cui solo il 10% possiede superfici maggiori di 100 ettari (ritenuta la superficie ideale per una corretta gestione forestale) mentre i restanti si attestano su superfici comprese tra 1 e 5 ettari.
I proprietari forestali non agricoltori possono fare affidamento su superfici ancora più inferiori.
Nelle regioni del Nord-Italia (con esclusione del Trentino-Alto Adige, dove vige ancora il maso chiuso) i proprietari privati possiedono superfici in media inferiori ad 1 ettaro, molto spesso tra i 1000 e i 5000 mq, anche non a corpo unico, generando una dannosa polverizzazione delle proprietà boschive.
Questo risultava un modello organizzativo basato sull’autoconsumo di legna da ardere o di paleria, che poteva essere utile nel mondo rurale montano fino al dopoguerra, ora risulta obsoleto e sconveniente per la tutela del territorio.
Per unire e far cooperare le innumerevoli proprietà di una vallata occorre realizzare una forma associativa funzionale agli scopi da ottenere. Le iniziative di associazionismo forestale possono attivare economie che permettono ai proprietari di organizzarsi e affrontare scelte gestionali impossibili da sostenere individualmente (ad esempio: realizzazione di strade forestali, iniziative di filiera, aumentare l’offerta di prodotti legnosi e non, acquisto di attrezzature o far effettuare lavori da terzi).
Nonostante un quadro normativo favorevole, fino agli anni ‘90 la diffusione di forme associative è risultata molto limitata. Un ulteriore impulso si è registrato con il Decreto Legislativo n. 227 del 18 maggio 2001 che prevedeva la promozione da parte delle Regioni, e gli enti locali di consorzi forestali od altre forme associative. A seguito di questo Decreto, diverse regioni italiane hanno legiferato per promuovere forme di gestione forestale associata (tra le altre Lombardia, Veneto, Toscana, Piemonte e Lazio).
Anche nel nuovo Testo Unico in materia di foreste e filiere forestali (Decreto Legislativo 3 aprile 2018, n. 34), promuovere la gestione forestale associata rappresenta una delle priorità del settore, dal momento che l’associazionismo fondiario risulta uno degli strumenti disponibili per migliorare i fondi abbandonati e ricostituire unità produttive economicamente sostenibili.
In Regione Veneto non sono diffuse le forme associative tra i proprietari forestali pubblici e privati. Da notare la DGR n. 104 del 07 febbraio 2022 e il bando CSR SRG 07 del 29/12/2023 che finanzia l’avvio di nuove iniziative di consorzi o associazioni tra i proprietari e conduttori di terreni forestali aventi natura privata o mista pubblica-privata.
Per quanto riguarda l’associazionismo forestale attualmente attivo in Veneto resistono alcune realtà locali nate con il supporto del PSR 2000-2006. In particolare, nella zona montana Vicentina, opera l’Associazione Forestale Vicentina (AFV), che si occupa di aggregare proprietà private e imprese boschive (50 soci, 330 ha nel 2023), promuovere formazione e conoscenza, fornire consulenza tecnica e conferire biomassa legnosa a km 0. In zona planiziale opera l’Associazione Forestale di Pianura (AFP), volta ad agevolare gli associati attraverso la pianificazione forestale, l’accesso a fondi e contributi, la divulgazione della conoscenza, l’aumento della produttività e la valorizzazione dei servizi ecosistemici delle foreste di pianura. Al 2023 risultano 33 associati di AFP, dei quali 25 operano in territorio veneto e comprendenti, ad esempio, aziende agricole ed enti pubblici (https://forestedipianura.it/).
Oltre alle realtà normate, già da qualche tempo in autonomia stanno nascendo iniziative per contrastare la frammentazione ed attuare una gestione attiva dei boschi tramite svariati obiettivi e funzioni.
Tali realtà nascono dall’esigenza delle comunità rurali di occuparsi del territorio anche coinvolgendo attività collegate alla gestione forestale (aziende agricole, attività ricettive, guide naturalistiche, fornitori di servizi, ecc…). Si riporta come esempio le cooperative di comunità, diffuse soprattutto nelle regioni appenniniche.
Da uno studio di Etifor al 2021 queste comunità si contano in 200, ma attualmente non sono riconosciute da una normativa nazionale specifica.